Giornata contro la violenza sulle donne

Un giorno per riflettere su come comportarsi ogni giorno
Il 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne, non è una data qualunque scelta dall’ONU, ma lo è perché nel 1960 è avvenuto un fatto raccapricciante.
Tre sorelle della Repubblica Domenicana, Patria Mercedes, María Argentina Minerva e Antonia María Teresa, appaiono nella foto come ragazze sorridenti, ma il loro sorriso scomparve dai loro volti il 25 novembre 1960.
Le sorelle Mirabal facevano parte di una famiglia benestante, a cui il dittatore Trujillo tentò di estirpare le ricchezze. Giustamente le persone coinvolte non erano d’accordo con i provvedimenti imposti da dittatore, ma pochi osavano ribellarsi. Tra questi le sorelle Mirabal. Hanno infatti formato una comitiva, in cui erano presenti anche i loro mariti, con l’intento di protestare contro l’usurpazione di cui erano vittime. Trujillo non tollerò le proteste e perseguitò tutti i membri del gruppo e ne eliminò molti. Le tre sorelle vennero uccise mentre si recavano a far visita ai propri mariti arrestati.
Le ultime parole di Minerva furono: “Se tu mi uccidi, io ti prometto che tirerò fuori le braccia dalla tomba e tornerò più forte”. Una sorta di premonizione, in quanto, neanche un mese dopo, Trujillo venne assassinato e nella Repubblica Dominicana si svolsero le prime elezioni libere.
Il semplice fatto che esista una giornata nel nostro calendario che ci ricorda di non dover compiere alcun atto di violenza è preoccupante. Ma ciò che dovrebbe allarmare ancor di più, è il fatto che le destinatarie di queste violenze siano donne. Nella maggior parte dei casi, i responsabili sono uomini – se si possono definire tali – che le donne uccise o abusate o picchiate conoscevano bene. Uomini che con il loro atti screditano non solo sé stessi, la loro persona, ma tutti gli altri uomini sulla faccia della Terra.
La Compagnia delle emozioni ha coinvolto le classi quarte e quinte della sede di Asti attraverso la lettura di tre storie tratte da Ferite a morte di Serena Dandini. Una raccontava di un uomo che ha cominciato a picchiare la sua fidanzata, perché lei guadagnava di più. L’unico modo che era riuscito a trovare per dimostrare la sua superiorità era usare la forza fisica unita ad umiliazioni verbali in privato e in pubblico. La storia si conclude con l’uomo che lancia un posacenere in fronte alla fidanzata.
Parlare di femminicidio a una platea di giovani potrebbe sembrare inappropriato. In realtà è necessario capire come esso sia la punta di un iceberg alla cui base vi sono gesti che bisogna imparare ad evitare. Ci si educa al rispetto. Si impara a relazionarsi con l’altro senza prevaricarlo e la scuola deve farsi strumento di questo insegnamento.
Questa giornata penso esista per sensibilizzare sul tema, ma anche per permetterci un piccolo viaggio in noi stessi alla ricerca di quelli che possono essere le nostre violenze. La violenza infatti ha tante forme: non è necessario che lasci segni tangibili, può anche manifestarsi in piccoli gesti, come aver alzato la voce contro una persona cara.
Proprio per questo vi invito, a patto che non l’abbiate già fatto, a intraprendere un viaggio dentro voi stessi per immergervi nei meandri della vostra mente e da lì trarne riflessioni sui vostri comportamenti quotidiani.